
I cocci di terracotta, lungamente considerati rifiuti, sono stati riconosciuti come sottoprodotti riutilizzabili per diversi scopi. Questo cambiamento di prospettiva è stato avviato dalla Regione Puglia, attraverso il Dipartimento Ambiente, Paesaggio e Qualità Urbana, che il 15 gennaio 2025 ha presentato la prima scheda dedicata al riuso di tali materiali. Questa iniziativa applica per la prima volta la direttiva contenuta nel D.lgs 205/2010, articolo 184, che introduce il concetto di sottoprodotto in sostituzione a quello di rifiuto.
Nuove opportunità per le imprese pugliesi
La direttiva stabilisce che gli scarti di un processo produttivo possono essere considerati sottoprodotti se soddisfano specifiche caratteristiche stabilite dalla normativa. Questo approccio consente di trasformare materiali che prima venivano destinati alle discariche in risorse utili per un nuovo ciclo produttivo. Per le imprese, questa rappresenta una significativa opportunità di riqualificazione e riduzione dei costi, oltre a contribuire a un ambiente più sostenibile. Infatti, il riutilizzo dei cocci di terracotta non solo diminuisce la quantità di rifiuti, ma promuove anche pratiche di economia circolare.
La scheda presentata è il risultato di un’iniziativa di Confartigianato Puglia, in collaborazione con il professor Antonio Licciulli del Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione dell’Università del Salento. Questo progetto è emerso all’interno del tavolo regionale dedicato a circolarità e ambiente, dimostrando l’impegno della regione nel promuovere pratiche sostenibili e innovative.
Applicazioni pratiche del cocciopesto
Grazie all’adozione di questa scheda, le imprese del settore ceramico potranno ora riqualificare come sottoprodotti gli scarti di produzione, che in precedenza venivano considerati rifiuti. I cocci, ovvero i residui delle produzioni ceramiche, saranno reimpiegati nella realizzazione di cocciopesto e chamotte.
Il professor Licciulli ha sottolineato l’importanza di questa risorsa nella bioedilizia, dove il cocciopesto può essere utilizzato per produrre leganti idraulici, malte di allettamento e intonaci traspiranti. Egli ha richiamato l’attenzione sul fatto che già gli antichi romani, nelle regioni adriatiche, utilizzavano il cocciopesto per creare malte idrauliche in assenza di pozzolana. Le opere architettoniche romane, ancora oggi in piedi, dimostrano la durabilità di questi materiali, contrariamente a molti manufatti moderni in cemento armato.
La trasformazione della percezione dei materiali, da rifiuti a risorse, è possibile grazie alla ricerca e all’innovazione tecnologica. L’Università del Salento si impegna attivamente nel promuovere la sostenibilità e il concetto di rifiuto zero, supportando le imprese e i consorzi nella transizione da rifiuto a sottoprodotto. Questo cambiamento non solo favorisce l’ambiente, ma offre anche opportunità economiche significative per il settore della ceramica in Puglia.