
Le recenti misure protezionistiche annunciate dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, attraverso le Proclamations 10895 e 10896, datate 10 febbraio 2025, hanno preso avvio il 12 marzo. Questi provvedimenti prevedono dazi che possono arrivare fino al 25% sulle importazioni di una vasta gamma di prodotti siderurgici e relativi derivati. Non solo materie prime, ma anche beni contenenti acciaio e alluminio, come macchinari, attrezzature per la casa e strumenti per il fitness, saranno colpiti. Questa azione impatta un numero maggiore di paesi rispetto a quelli inizialmente previsti, inclusi Canada, Messico e Cina. L’intento dichiarato è quello di tutelare l’industria siderurgica nazionale e affrontare il problema della sovracapacità produttiva globale, che, secondo l’Ocse, potrebbe raggiungere i 630 milioni di tonnellate entro il 2026. Le conseguenze di questa politica commerciale rimangono incerte, ma si teme che possano innescare una guerra commerciale con ripercussioni globali, incluso un possibile rallentamento dell’economia mondiale.
La risposta dell’unione europea ai dazi americani
La reazione dell’Unione Europea non si è fatta attendere e si presenta incisiva: nuovi dazi saranno imposti sugli Stati Uniti con un calendario ben definito. A partire dal 1° aprile 2025, verranno reintrodotte le misure ritorsive del 2018 e 2020, precedentemente adottate in risposta agli attacchi commerciali del primo governo Trump. Queste misure colpiranno beni americani per un valore complessivo di circa 8 miliardi di euro. Successivamente, dal 15 aprile, verranno introdotte ulteriori misure tariffarie su altri prodotti statunitensi, per un valore stimato di 18 miliardi di euro, portando il totale delle merci soggette a contromisure a 26 miliardi di euro.
L’Unione Europea ha pubblicato un elenco dettagliato dei beni americani che potrebbero essere colpiti da queste nuove misure tariffarie. Le categorie principali includono: prodotti industriali, prodotti agricoli e alimentari, e beni di consumo come abbigliamento, calzature, articoli in pelle, prodotti in legno e attrezzature sportive. Queste misure rappresentano una risposta necessaria a una situazione commerciale sempre più tesa, ma la preoccupazione è che tale escalation possa portare a una contrazione economica, con ripercussioni significative per le aziende europee e italiane.
In questo contesto, la Commissione Europea ha avviato una consultazione con le imprese e le associazioni di categoria per raccogliere feedback e comprendere appieno le possibili conseguenze delle nuove misure tariffarie. Le aziende hanno tempo fino al 26 marzo 2025 per esprimere le proprie osservazioni, un’opportunità cruciale per cercare di influenzare le decisioni europee e attutire eventuali effetti negativi.
Impatto dei dazi americani sulle aziende italiane e europee
I dazi imposti dagli Stati Uniti potrebbero avere conseguenze significative sulle esportazioni europee. Secondo i dati forniti dall’American Chamber of Commerce to the EU, il volume degli scambi transatlantici annuali ammonta a 9,5 trilioni di dollari, evidenziando l’entità del potenziale danno. In particolare, in Italia, settori come l’acciaio, l’alluminio e l’agroalimentare potrebbero subire perdite notevoli. L’Istat ha avvertito che queste tensioni commerciali potrebbero compromettere la crescita economica nazionale, dato che gli Stati Uniti rappresentano uno dei principali partner commerciali dell’Italia, assorbendo circa il 10% delle esportazioni italiane nel 2024.
Rischi economici per gli stati uniti
Un’analisi condotta dalla International Trade Commission ha evidenziato che i dazi imposti nel 2018 hanno causato una contrazione della produzione in vari settori per un valore superiore a 3 miliardi di dollari. Con l’introduzione di questo nuovo pacchetto tariffario, le conseguenze potrebbero essere ancor più gravi, con una stima di 100.000 posti di lavoro a rischio negli Stati Uniti, di cui 20.000 solo nel settore dell’alluminio. L’imposizione di dazi sull’alluminio rappresenta un azzardo economico con potenziali ripercussioni che si estendono oltre il settore dei metalli.
Il governo statunitense spera che queste misure possano rafforzare l’industria interna e ridurre la dipendenza dalle importazioni. Tuttavia, il rischio di un’escalation commerciale con l’Europa e altri partner strategici potrebbe portare a stagnazione economica e a un aumento generalizzato dei prezzi. Gli Stati Uniti potrebbero trovarsi a dover affrontare una diminuzione della produzione interna di beni industriali, un incremento della delocalizzazione e una perdita di competitività rispetto alle economie asiatiche. Nel frattempo, l’Unione Europea si prepara a una risposta che potrebbe intensificare ulteriormente le tensioni commerciali tra le due sponde dell’Atlantico.
Strategie per le aziende europee
Per affrontare questa complessa situazione, le aziende europee possono adottare diverse strategie operative. Prima di tutto, è fondamentale partecipare attivamente alle consultazioni in corso, fino al 26 marzo 2025, per esprimere le proprie posizioni e cercare di influenzare le decisioni europee. Inoltre, la diversificazione dei mercati rappresenta un’opzione strategica per ridurre la dipendenza dal mercato statunitense, esplorando nuove opportunità in Asia, Africa e America Latina. Un’altra strategia efficace è la localizzazione della produzione, che potrebbe rappresentare una risposta alle sfide imposte dai dazi. Stabilire joint venture con aziende americane può rendere i rapporti commerciali meno gravosi e più stabili.
Infine, le aziende dovrebbero considerare l’ottimizzazione della catena di fornitura per ridurre i costi e migliorare l’efficienza, aiutando a compensare l’aumento dei costi legati ai dazi. Le prossime settimane saranno decisive per valutare la risposta dell’Europa e degli altri paesi, così come per prepararsi all’impatto reale delle misure sul mercato europeo e internazionale.