
La manifestazione per il reddito di base si è svolta a Roma il 2 dicembre 2025, attirando l’attenzione su una questione cruciale: la precarietà del mercato del lavoro italiano. Negli ultimi due anni, il governo guidato da Giorgia Meloni ha enfatizzato i dati positivi sul lavoro, ma un’indagine dell’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) ha rivelato una realtà ben diversa. Il rapporto evidenzia che un italiano su quattro è a rischio di povertà e di esclusione sociale, mettendo in luce le difficoltà economiche che colpiscono molte famiglie.
Il governo Meloni ha rivendicato il record dell’occupazione in Italia, come affermato dalla ministra del lavoro, Marina Calderone, durante un intervento alla Camera. Tuttavia, questo traguardo ha un rovescio della medaglia: l’aumento del lavoro precario e a basso reddito. Secondo l’Istat, la percentuale di lavoratori a bassa intensità è aumentata, passando dall’8,9% nel 2023 al 9,2% nel 2024. Questi dati indicano che, mentre il governo si concentrava su presunti successi, la precarietà lavorativa stava aumentando, con oltre 13,5 milioni di italiani che vivono di lavoro povero.
La povertà in aumento
Il rapporto dell’Istat ha mostrato un incremento del rischio di povertà o di esclusione sociale, che è passato dal 22,8% nel 2023 al 23,1% nel 2024. Questo aumento è particolarmente preoccupante per le famiglie con bambini e adolescenti, che affrontano una povertà multidimensionale. Raffaela Milano di Save the Children ha sottolineato l’importanza di affrontare la povertà educativa, suggerendo l’implementazione di servizi mensa per gli studenti delle scuole primarie. Tuttavia, i finanziamenti per tali programmi sono stati messi in discussione, a fronte di un aumento delle spese militari.
La definizione di lavoratori poveri si riferisce a coloro che, pur avendo lavorato almeno un mese nell’anno, percepiscono un reddito netto inferiore al 60% di quello mediano. Questa categoria comprende principalmente donne, giovani sotto i 35 anni e cittadini stranieri. La crescita delle disuguaglianze è evidente, con l’indice Gini che è aumentato da 0,315 nel 2022 a 0,323 nel 2023.
Le conseguenze economiche
Oltre alle statistiche, la vita quotidiana degli italiani è segnata da problemi come l’aumento delle bollette e degli affitti, che erodono il potere d’acquisto. Nonostante un aumento nominale del reddito medio annuale delle famiglie, che ha raggiunto i 37.511 euro nel 2023, l’inflazione ha ridotto il potere d’acquisto reale. Le regioni del Nord-est e del Centro hanno registrato le perdite più significative, evidenziando un fallimento nelle politiche fiscali del governo Meloni.
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha accennato alla necessità di un nuovo bonus per affrontare il caro-bollette, ma le critiche si intensificano. Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, ha evidenziato l’urgenza di ridurre l’aliquota IVA sui beni di prima necessità, come detersivi e saponi, attualmente tassati al 22%.
Le reazioni della politica
Le dichiarazioni di leader sindacali come Maurizio Landini della Cgil e Pierpaolo Bombardieri della Uil hanno messo in evidenza la responsabilità del governo nella gestione della precarietà lavorativa. Entrambi hanno chiesto interventi più incisivi sui salari e sulle pensioni, sottolineando l’urgenza di una risposta politica concreta. Il Codacons ha criticato l’incapacità della classe politica di affrontare efficacemente la crisi dei prezzi e dell’energia.
All’interno della maggioranza, il silenzio sui dati riguardanti la povertà è palpabile. I rappresentanti della Lega hanno minimizzato l’impatto delle disuguaglianze, mentre il governo Meloni sembra adottare una strategia di attesa, piuttosto che affrontare attivamente i problemi economici che affliggono il paese.