L’Iran in crisi politica: dimissioni del vicepresidente Zarif dopo la rimozione del ministro dell’Economia

L’avvio del mese di Ramadan in Iran si presenta tutt’altro che sereno, segnato da eventi significativi all’interno del governo. Domenica 1° marzo 2025, il vice presidente per gli Affari Strategici, Mohammad Javad Zarif, ha rassegnato le dimissioni dopo un incontro con il capo della magistratura, mentre il Majles, il parlamento della Repubblica Islamica, ha proceduto a mettere sotto accusa e a licenziare il ministro dell’Economia e delle Finanze, Abdolnaser Hemmati.

Le dimissioni di Zarif e le pressioni politiche

In un post pubblicato su X, Zarif ha spiegato le ragioni dietro la sua decisione, rivelando di aver affrontato insulti e minacce nel corso degli ultimi sei mesi, anche da parte di membri del governo. Ha descritto questo periodo come il più difficile della sua carriera quarantennale. Nonostante la sua gratitudine per l’opportunità di servire la nazione negli ultimi nove mesi sotto la presidenza di Massoud Pezeshkian, il vice presidente ha espresso rassegnazione di fronte alle pressioni esercitate dal Jebhe Paydari, il gruppo integralista guidato da Said Jalili.

Attualmente, Pezeshkian non ha ancora risposto ufficialmente alle dimissioni di Zarif, ma si prevede che lo farà a breve. Nella giornata di lunedì, il capo del potere giudiziario, Gholam-Hossein Mohseni-Eje’i, ha incontrato Zarif per discutere la sua posizione, suggerendogli di ritirarsi per il bene della Repubblica Islamica in un momento di grande complessità. Fonti locali hanno riportato che Mohseni-Eje’i ha avvertito Zarif di possibili conseguenze e gli ha consigliato di tornare al mondo accademico per evitare ulteriori pressioni sul governo.

Le controversie legate alla nomina di Zarif

La motivazione ufficiale che ha portato alla richiesta di dimissioni riguarda la doppia cittadinanza americana e iraniana dei figli di Zarif, che ha sollevato preoccupazioni tra i suoi avversari. Questi ultimi sostengono che la sua nomina contravvenga a una legge del 2022, la quale proibisce a chi ha legami con l’Occidente di occupare posizioni di rilievo. Le argomentazioni legali di Zarif non sono state sufficienti a contrastare la determinazione di Mohseni-Eje’i, il quale ha recentemente consigliato a Pezeshkian di rimuovere Zarif dall’incarico.

Zarif, noto per il suo ruolo nell’accordo sul nucleare del 2005, ha espresso l’auspicio che la sua uscita possa rimuovere gli ostacoli al successo del governo. La sua figura è stata simbolo della volontà del governo riformista di dialogare con l’amministrazione di Donald Trump. Le recenti decisioni dell’Amministrazione americana, culminate con il National Security Presidential Memorandum che ha ripristinato la campagna di “massima pressione” su Teheran, hanno ulteriormente radicalizzato l’opposizione interna alle politiche del dottor Pezeshkian.

Il destino di Hemmati e l’impeachment

Un altro importante sviluppo riguarda il ministro dell’Economia, Abdolnaser Hemmati, che ha subito le conseguenze del suo sostegno al riavvicinamento con l’Occidente. Il parlamento iraniano ha votato a maggioranza per l’impeachment di Hemmati, sancendo così l’alleanza tra i conservatori moderati di Ghalibaf e i più oltranzisti di Jalili. Le accuse mosse contro di lui riguardano la grave crisi economica che ha colpito l’Iran, inclusi il deprezzamento del 60% della valuta nazionale, il rial, rispetto al dollaro statunitense, e l’inflazione galoppante che ha portato a un’impennata dei prezzi dei beni essenziali.

Nel corso della votazione, su 273 parlamentari presenti, 182 hanno votato a favore dell’impeachment, 89 si sono opposti, uno si è astenuto e un voto è stato dichiarato non valido. Nonostante la difesa appassionata di Pezeshkian, il quale ha sottolineato la necessità di unità in un periodo di crisi, le pressioni politiche si intensificano e le difficoltà economiche continuano a crescere, lasciando i riformisti in una posizione sempre più precaria.

Published by
Luca Lincinori