
Modalità di recupero delle somme (www.popmag.it)
Nel contesto dell’assistenza sociale in Italia, la Naspi rappresenta un importante strumento di sostegno per i lavoratori disoccupati.
I beneficiari della Naspi devono prestare attenzione alla gestione del sussidio, poiché l’INPS può richiedere la restituzione delle somme percepite. Comprendere le ragioni di tali richieste è fondamentale per evitare spiacevoli sorprese e sanzioni economiche.
I tre principali motivi per cui l’INPS può richiedere il rimborso della Naspi
1. Errori amministrativi
Il primo e più comune motivo per cui l’INPS può chiedere la restituzione dei fondi erogati è legato a errori amministrativi. Tali errori possono verificarsi durante il calcolo dell’importo spettante al beneficiario. Ad esempio, se un lavoratore ha diritto a una certa cifra, ma a causa di un errore di calcolo gli viene accreditata una somma superiore, il risultato è un debito nei confronti dell’ente previdenziale. Questo accade frequentemente quando ci sono variazioni nel reddito o nella situazione lavorativa del richiedente che non vengono correttamente registrate.
È fondamentale che i beneficiari della Naspi forniscano all’INPS informazioni aggiornate riguardanti il loro stato occupazionale e i redditi percepiti. Qualora si verifichino cambiamenti, come l’assunzione di un nuovo lavoro, è obbligatorio comunicarlo tempestivamente. Ignorare questa responsabilità può portare a ricevere somme indebitamente elevate, con conseguente obbligo di restituzione.
2. Variazione della situazione occupazionale
Un altro scenario in cui l’INPS può richiedere la restituzione della Naspi riguarda il caso in cui il beneficiario trovi un impiego senza informare l’ente previdenziale. La Naspi è destinata a coloro che si trovano in stato di disoccupazione e, pertanto, la prestazione deve essere sospesa immediatamente al momento di una nuova assunzione. Se il lavoratore continua a ricevere il sussidio senza aver comunicato l’avvenuta assunzione, l’INPS ha il diritto di richiedere il rimborso delle somme percepite in eccesso.
È importante notare che la tempestività nella comunicazione di un nuovo lavoro non solo permette di evitare il recupero delle somme, ma anche di mantenere una buona relazione con l’ente previdenziale. La trasparenza è fondamentale per evitare malintesi e garantire la correttezza nella gestione delle prestazioni sociali.
3. Dichiarazioni falsificate
La situazione più grave che può portare a una richiesta di restituzione della Naspi è quella in cui il beneficiario ha ottenuto il sussidio attraverso dichiarazioni false. Se l’INPS accerta che un soggetto ha fornito informazioni non veritiere, come dichiarare un reddito diverso o omettere di comunicare un lavoro, si configura un illecito. Le conseguenze di tale comportamento possono essere severe, non solo sul piano economico, ma anche legale. Oltre al rimborso delle somme indebitamente percepite, il beneficiario può affrontare sanzioni penali e l’impossibilità di accedere a future prestazioni sociali.
Quando l’INPS rileva un’indebita percezione della Naspi, avvia una procedura di recupero. Il primo passo consiste nella notifica al cittadino dell’importo da restituire e delle modalità di pagamento. In alcuni casi, il rimborso può avvenire tramite compensazione, ovvero l’INPS trattiene le somme da altre prestazioni future a favore del percettore, come assegni pensionistici o ulteriori indennità.
Qualora l’importo da restituire sia elevato, il beneficiario può richiedere una rateizzazione del debito, dimostrando di non poter affrontare il rimborso in un’unica soluzione. Tuttavia, la concessione di un piano di pagamento dilazionato viene valutata dall’INPS caso per caso e non è garantita.
Se il cittadino non provvede alla restituzione, l’INPS può attivare strumenti di recupero coattivo, che possono includere l’intervento dell’autorità giudiziaria per ottenere il pagamento delle somme dovute.

Se un beneficiario ritiene che la richiesta di restituzione sia ingiustificata, ha la possibilità di opporsi attraverso un ricorso amministrativo all’INPS. Questo ricorso deve essere presentato entro 90 giorni dalla notifica della richiesta di rimborso. La contestazione può essere effettuata autonomamente, tramite un avvocato, oppure con il supporto di un patronato, che offre assistenza nella gestione delle pratiche burocratiche.
Inoltre, è importante considerare che in alcuni casi l’INPS potrebbe aver superato i termini di prescrizione per richiedere il rimborso. La legge stabilisce un termine di prescrizione di 10 anni per il recupero delle somme indebitamente erogate, salvo eventuali interruzioni dello stesso. Se il ricorso amministrativo viene respinto, l’ultima opzione è rivolgersi al tribunale ordinario, dove il beneficiario può presentare prove a sostegno della propria posizione e contestare eventuali errori commessi dall’INPS.