
La situazione geopolitica attuale sta provocando trasformazioni significative in Europa, considerazioni che solo recentemente sembravano impensabili. La Germania, sotto la guida del conservatore Friedrich Mertz, ha deciso di abbandonare la rigorosa regola del debito, dichiarando la necessità di investire senza limiti per garantire la propria difesa. Si prevede la creazione di un fondo straordinario di 400 miliardi di euro, da affiancare ai 500 miliardi già previsti per le infrastrutture. Contemporaneamente, l’Unione Europea ha annunciato un pacchetto di spesa di 800 miliardi, sospendendo le normative fiscali riguardanti gli investimenti militari. È evidente che ci troviamo di fronte a un cambiamento radicale, che ci conduce verso un’economia di guerra con ripercussioni sia geopolitiche che economiche.
Il compromesso tra spesa militare e sociale
La questione cruciale riguarda se la nuova ondata di spesa pubblica andrà a discapito della spesa sociale e degli investimenti nella transizione ecologica. La ricerca economica e storica suggerisce che l’esito dipenderà dalla modalità di utilizzo di queste risorse e dalle modalità di finanziamento. Le indicazioni provenienti dall’industria e dall’analisi storica rivelano che l’indipendenza militare dell’Europa è inaccessibile senza una base tecnologica competitiva. La sinergia tra potenza militare e innovazione tecnologica è sempre stata evidente: il boom di investimenti in ricerca e sviluppo negli Stati Uniti negli anni ’50 e ’60, ad esempio, è stato alimentato dai grandi progetti militari della NASA. In generale, la ricerca americana è strettamente legata all’industria della difesa, così come avviene per altre potenze militari.
Oggi, il legame tra sovranità nella difesa e leadership tecnologica è particolarmente rilevante. La guerra moderna si basa su tecnologie avanzate, come sistemi satellitari e piattaforme dotate di intelligenza artificiale, in grado di integrare informazioni e operazioni militari in tempo reale. Tali innovazioni richiedono un ecosistema capace di sostenere e promuovere la ricerca e lo sviluppo.
La spesa militare e il suo impatto economico
Secondo i dati recenti, l’Europa si trova in una posizione di svantaggio. Nel 2023, solo il 4,5% della spesa militare dell’Unione Europea è stata destinata alla ricerca e sviluppo, a fronte del 16% degli Stati Uniti. Per costruire una reale sovranità militare, sarà necessario intraprendere un progetto a lungo termine, ambizioso e ben strutturato. L’Europa deve orientarsi verso una spesa ad alto contenuto tecnologico, il che implica anche una riflessione sui metodi di finanziamento. Storicamente, progetti di grande portata, che richiedono ingenti investimenti iniziali e rendimenti a lungo termine, sono stati finanziati principalmente tramite debito. Questo approccio permette di distribuire i costi su un periodo prolungato, risultando preferibile rispetto a un aumento immediato delle tasse.
Tuttavia, il debito implica un futuro carico fiscale. Resta da capire quanto questa spesa inciderà sulla cosiddetta “spesa per il burro”. La notizia positiva è che gli investimenti militari ad alto contenuto innovativo hanno un alto moltiplicatore sul prodotto interno lordo. Le stime variano, ma si collocano in un intervallo che va da 0,6 a 1,5. Un moltiplicatore di 1,5 indica che per ogni 100 spesi, il PIL aumenta di 150, generando non solo un autofinanziamento, ma anche un reddito aggiuntivo.
Sinergie tra pubblico e privato nella difesa
La capacità dello Stato di investire nell’industria della difesa è cruciale, ma anche le sinergie con il settore privato, compreso quello civile, giocano un ruolo fondamentale. Studi condotti da economisti come Antolin-Diaz e Paolo Surico dimostrano che un incremento del 10% nella spesa pubblica per ricerca e sviluppo può generare un aumento del 5-6% nella spesa privata. Inoltre, Ithan Iltzeski della London School of Economics ha evidenziato come la spesa militare durante la Seconda guerra mondiale abbia portato a significativi incrementi di produttività nel settore privato. Tuttavia, questi effetti positivi si ridurrebbero notevolmente se la spesa fosse limitata a personale o armamenti.
In Europa, la capacità di aumentare il contenuto innovativo della spesa militare dipende in gran parte dalla possibilità di sfruttare le economie di scala del mercato unico, promuovendo integrazioni industriali transfrontaliere e ottimizzando le procedure di appalto. Attualmente, la frammentazione penalizza l’industria bellica europea rispetto a quella statunitense, dove il sistema degli appalti è molto più integrato.
Un’ulteriore riflessione riguarda il finanziamento comune rispetto a quello nazionale: non solo per i costi più contenuti, ma anche perché un debito condiviso favorirebbe il coordinamento e la spesa comune in settori strategici.
Le sfide della spesa militare in Europa
Nonostante le considerazioni sopra esposte, il pacchetto proposto dalla Commissione Europea è stato giudicato insufficiente. I 150 miliardi messi a disposizione non sembrano adeguati e manca una chiara strategia su come utilizzare tali fondi. È importante sottolineare che le resistenze a un maggiore impegno a livello federale provengono dagli Stati membri e non da Bruxelles. Gli interessi nazionali sono diversi e questo crea ostacoli, sia in ambito militare che in quello bancario e finanziario. La costruzione di un progetto europeo richiede un forte impegno politico e non esistono soluzioni facili.
Se si considera necessaria l’autonomia strategica dell’Europa nel settore della difesa, bloccare il piano della Commissione rappresenterebbe un rallentamento del processo di integrazione europea. Concentrarsi sull’innovazione nella difesa e puntare a una leadership tecnologica potrebbe rappresentare un’opportunità per colmare il gap competitivo evidenziato nel rapporto Draghi, un obiettivo ampiamente condiviso.
L’Italia, nonostante le limitazioni nei finanziamenti europei e la frammentazione attuale, potrebbe trarre vantaggio dall’aumento della spesa militare grazie alla sua posizione di leadership nel settore della difesa. La necessità di un approccio europeo è stata a lungo sostenuta da figure come Roberto Cingolani, mentre altre realtà industriali europee stanno seguendo percorsi simili. La creazione di un’iniziativa ambiziosa che metta al centro gli investimenti in tecnologia e le sinergie con l’industria civile è fondamentale e dovrebbe essere sostenuta da tutti i soggetti politici, inserendola in un quadro strategico di lungo periodo.