L’industria chimica italiana si rivela un pilastro fondamentale per la competitività e l’internazionalizzazione del made in Italy, affrontando però sfide significative legate alla burocrazia e alla necessità di una gestione sostenibile delle materie prime e dei costi energetici. Questi aspetti sono cruciali per contrastare la concorrenza globale, soprattutto da nazioni che non sempre rispettano gli standard ambientali, sociali e di sicurezza. Francesco Buzzella, presidente di Federchimica, ha sottolineato l’importanza di questi temi durante un incontro sull’Innovazione chimica tenutosi il 4 marzo 2025 a Palazzo Madama a Roma, organizzato dal ministro degli Affari Esteri, Antonio Tajani, in collaborazione con la stessa Federazione.
L’evento ha visto la partecipazione di figure di spicco come il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, e il ministro dell’Università e della Ricerca, Annamaria Bernini, insieme a rappresentanti di numerose imprese, istituzioni finanziarie ed enti di ricerca. Tajani ha descritto la chimica come un “acceleratore di innovazione, export e crescita”, evidenziando l’impegno del governo nel mettere le aziende nelle migliori condizioni per prosperare e contribuire al benessere nazionale. Ha inoltre annunciato una strategia per il rafforzamento e la diversificazione dei mercati di sbocco, con particolare attenzione ai mercati emergenti.
Urso ha ribadito che l’industria chimica è una delle colonne portanti dell’economia italiana, con un fatturato di 77 miliardi di euro, posizionando l’Italia al terzo posto in Europa per produzione, dopo Germania e Francia. La strategia per il futuro del settore si focalizzerà su competitività, innovazione e sostenibilità, con un forte investimento nella ricerca e nell’internazionalizzazione.
Il settore chimico italiano ha mostrato un forte orientamento verso l’export, con una crescita dell’85% dal 2010 al 2023, raggiungendo un valore totale di 40,6 miliardi di euro, pari al 6,4% delle esportazioni nazionali. Buzzella ha evidenziato come la ricerca supporti l’internazionalizzazione, sviluppando materiali e soluzioni innovative richieste dai mercati esteri e rafforzando il sistema manifatturiero italiano. La collaborazione con il mondo accademico è fondamentale in questo contesto. La ministra Bernini ha sottolineato che la chimica è al centro della trasformazione scientifica e industriale attuale, fungendo da motore di innovazione in vari settori, dall’ambiente alla salute.
Con 125 corsi di laurea in Italia, la formazione nel campo chimico sta evolvendo per affrontare le sfide del mercato del lavoro e della società, offrendo percorsi altamente specializzati e orientati alla sostenibilità. Le università italiane, attraverso corsi sempre più innovativi, dimostrano come la ricerca e l’internazionalizzazione siano leve strategiche per il futuro della chimica e del Paese.
Il panorama internazionale mostra che gli Stati Uniti rappresentano il principale mercato di destinazione per la chimica europea, mentre la Cina è il principale fornitore per l’Europa. In questo contesto, la Cina si specializza nella produzione di commodities a basso costo, mentre gli Stati Uniti cercano specialità innovative. In Italia, il settore chimico è caratterizzato da una forte presenza di imprese innovative, con l’80% delle aziende attive in questo campo. L’innovazione si basa principalmente sulla ricerca, con la chimica che si colloca al secondo posto, dopo la farmaceutica, per la quota di imprese impegnate in attività di ricerca e sviluppo, pari al 75%.
La ricerca non coinvolge solo le grandi aziende, ma anche le piccole e medie imprese (PMI). A livello europeo, l’Italia è il secondo Paese, dopo la Germania, per numero di imprese chimiche attive nella ricerca, superando le 1.200. Inoltre, l’81,5% delle aziende ha investito per espandere le proprie opportunità all’estero, con il 35,4% che ha effettuato investimenti diretti oltre confine. Quasi il 74,1% delle imprese è attivamente coinvolto in progetti internazionali e oltre la metà ritiene fondamentale la ricerca per affermarsi nei mercati globali.
Questi dati evidenziano il valore strategico dell’innovazione chimica per l’espansione internazionale. La ricerca non solo genera competitività, ma apre anche opportunità all’estero, con ricadute positive per l’intero sistema economico nazionale. Tre quarti delle imprese hanno programmi di collaborazione internazionali, confermando l’importanza della ricerca nel rafforzare la presenza dell’industria italiana a livello globale. In questo contesto, Ilaria Di Lorenzo, vicepresidente alla ricerca di Federchimica, ha messo in guardia sui rischi per la competitività dell’industria europea, sottolineando la necessità di rimuovere ostacoli burocratici e di investire in ricerca chimica per garantire un futuro prospero e competitivo.