cambiamento climatico in appennino emiliano: inverni più corti e riduzione della neve nel 2025
L’inverno, un tempo sinonimo di paesaggi innevati e divertimenti sulla neve, sta vivendo un cambiamento radicale. Negli Appennini e nelle zone montane dell’Emilia-Romagna, le stagioni fredde si accorciano e le nevicate diminuiscono, generando impatti significativi sull’ambiente e sull’economia locale.
Secondo i dati del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), gennaio 2025 si è rivelato il terzo mese più caldo in Italia dal 1800, segnalando una tendenza allarmante. Le temperature elevate e un livello dello zero termico anomalo ostacolano la formazione di un manto nevoso stabile sotto i 2000 metri. La Fondazione CIMA riporta che, al 10 gennaio 2025, l’equivalente idrico nivale (SWE) è di soli 1,71 miliardi di metri cubi, con un deficit del 63% rispetto alla media storica. Questo scenario comporta una riduzione della neve disponibile per alimentare i fiumi in primavera e un aumento dello stress idrico nei mesi estivi.
Non si tratta solo di una questione quantitativa; l’irregolarità delle nevicate è diventata una costante. A quote elevate, si registrano accumuli superiori alla media, ma è necessario superare i 2000-2200 metri affinché la neve possa persistere. Nelle zone medio-basse, la fusione precoce e le precipitazioni sempre più frequenti sotto forma di pioggia stanno alterando profondamente l’ecosistema appenninico, influenzando tutte le stagioni. Le nevicate si fanno sempre più rare, spesso sostituite da piogge intense che non garantiscono un rilascio graduale dell’acqua nei mesi successivi, aumentando il rischio di eventi estremi.
Un aspetto cruciale da considerare è il ruolo della neve come protezione del terreno durante l’inverno. Un manto nevoso stabile agisce da isolante naturale, proteggendo il suolo dall’erosione e prevenendo problematiche idrogeologiche come smottamenti e frane. La scarsità di neve, al contrario, espone il terreno a intemperie e fluttuazioni di temperatura, aumentando il rischio di instabilità e fenomeni erosivi, con potenziali danni per l’ambiente e le infrastrutture locali.
Le stazioni sciistiche dell’Emilia-Romagna affrontano sfide sempre più complesse. La carenza di neve ha comportato un drastico calo delle prenotazioni, causando perdite economiche significative per gli operatori del settore. Sebbene l’innevamento artificiale possa offrire una soluzione temporanea, comporta costi elevati e un notevole impatto ambientale, rendendolo insostenibile nel lungo periodo.
Le difficoltà non colpiscono solo gli impianti sciistici, ma anche le economie locali che dipendono dal turismo invernale. Agriturismi, noleggi di attrezzature e ristoranti di montagna si basano sulla presenza di neve per attrarre visitatori. L’ultima nevicata di metà febbraio, pur accolta con ottimismo dagli operatori turistici, non è stata sufficiente a compensare il deficit accumulato nei mesi precedenti. Senza un’inversione di tendenza, si rischia di perdere posti di lavoro e di assistere all’abbandono progressivo di queste aree. Con un aumento delle temperature di circa +1,5°C negli ultimi 50 anni, il tradizionale modello turistico invernale rischia di diventare insostenibile. Molti imprenditori del settore stanno cercando di reinventarsi, ampliando l’offerta turistica per includere trekking, escursioni, ciclismo, cultura, enogastronomia e benessere termale.
L’Appennino Emiliano-Romagnolo sta subendo una trasformazione, e con esso è necessario ripensare il nostro approccio. Se il turismo invernale desidera sopravvivere, dovrà adattarsi rapidamente. Le comunità locali chiedono soluzioni concrete, ma il tempo è limitato. La diversificazione dell’offerta, l’adozione di tecnologie sostenibili per l’innevamento artificiale, politiche per ridurre le emissioni di gas serra e la tutela delle risorse idriche rappresentano gli unici strumenti a disposizione. L’inverno sta svanendo: la vera domanda è se sapremo trasformare questo cambiamento in un’opportunità o se rimarremo a guardare mentre la neve continua a ritirarsi verso quote sempre più elevate. Senza un’azione decisa, la montagna invernale, così come la conosciamo, potrebbe diventare solo un ricordo.