
ReArm Europe, il programma di riarmo europeo, prevede investimenti potenziali pari a 800 miliardi di euro, suscitando interrogativi sui benefici economici per il continente. Questo articolo analizza numeri, commenti e le possibili ripercussioni di questa iniziativa.
Le conseguenze immediate del riarmo europeo
L’urgenza di un riarmo in Europa è stata accentuata dalle politiche dell’ex presidente statunitense Donald Trump. Tuttavia, ci sono interrogativi sull’effettiva capacità del continente di mobilitare tali risorse e sugli effetti che ciò avrà sull’economia europea. Un effetto immediato, già in atto da alcuni mesi, è l’aumento del valore delle azioni delle aziende del settore della difesa in borsa.
Lo stato dell’industria europea della difesa
Attualmente, i produttori di armi europei auspicano un cambiamento nell’approccio e un impulso allo sviluppo industriale del continente. Le importazioni di beni di difesa provengono per il 70% da paesi al di fuori dell’Unione Europea, con gli Stati Uniti che rappresentano il 55% di queste importazioni tra il 2019 e il 2023. Questo dato evidenzia la dipendenza dell’Europa dalle aziende americane. Dopo l’inizio del conflitto in Ucraina, si è registrato un incremento degli scambi intra-europei, che erano in costante calo dal 2011 al 2021, ma hanno iniziato a risalire, raggiungendo il 20% nel 2023.
I dubbi sulle ricadute economiche
Secondo Reuters, non è certo che un aumento delle spese per la difesa porti a una crescita economica generale, specialmente nel breve termine. Le spese militari hanno effetti diversi rispetto agli investimenti in infrastrutture civili. I tempi di realizzazione sono più lunghi, richiedendo un flusso costante di finanziamenti nel tempo, indipendentemente dalle variazioni politiche. Inoltre, la frammentazione delle industrie della difesa europee limita la formazione di grandi colossi in grado di massimizzare i benefici delle spese.
Resta da considerare l’impatto di un aumento delle spese per la difesa sulle altre voci di bilancio, come welfare e infrastrutture. Carsten Brzeski, responsabile macroeconomico globale di ING, ha avvertito che se parte della spesa per la difesa fosse finanziata attraverso tagli ad altre aree, si potrebbe verificare una situazione in cui, nel breve termine, l’aumento della spesa militare ha un effetto negativo.
I benefici della ricerca sul PIL
Tuttavia, ci sono aspetti positivi da considerare. Un rapporto di Mario Draghi sulla competitività europea sottolinea l’importanza della ricerca e dell’innovazione nel settore della difesa, dove l’Europa spende meno di un decimo rispetto agli Stati Uniti. Un’analisi del Kiel Institute suggerisce che un incremento della spesa per la difesa dal 2% al 3,5% del PIL comporterebbe un costo di circa 300 miliardi di euro all’anno, ma potrebbe generare un’attività economica aggiuntiva simile, traducendosi in una crescita del PIL tra lo 0,9% e l’1,5% all’anno.
La svolta tedesca e gli impatti su Italia ed Europa
Un cambiamento significativo si osserva in Germania, che ha abbandonato il suo approccio frugale per rivedere le regole fiscali a favore del rafforzamento della propria difesa. Il piano del futuro cancelliere Friedrich Merz prevede modifiche al vincolo di bilancio per aumentare gli investimenti pubblici, inclusi quelli nel settore armiero. Se questa spinta fiscale si tradurrà in un incremento della domanda interna, potrebbe avere ripercussioni notevoli anche sull’Italia, che ha molte aziende integrate nel sistema tedesco. Inoltre, il potenziamento di aziende tedesche potrebbe stimolare nuove collaborazioni e innovazioni all’interno dell’Unione Europea.
Nel frattempo, Berlino e le sue industrie della difesa stanno considerando anche altre opportunità. La crisi dell’industria automobilistica in Germania ha portato diverse aziende a chiudere stabilimenti, ma alcune di esse stanno annunciando riconversioni verso la produzione di equipaggiamenti e mezzi militari, contribuendo a rilanciare l’economia nazionale.