
I recenti dati diffusi dall’Istat sulla produzione industriale in Italia rivelano un trend allarmante: il calo si protrae per il ventiquattresimo mese consecutivo. Questo andamento negativo si registra in un contesto in cui il governo Meloni è al potere da 27 mesi. La situazione mette in evidenza la mancanza di politiche industriali efficaci da parte dell’amministrazione attuale. A contribuire a questo declino è principalmente il settore automobilistico, in crisi da tempo e rappresentativo dell’abbandono di un comparto fondamentale da parte della politica, che sembra essersi piegata alle pressioni di Stellantis. L’azienda, controllata dalla famiglia Elkann, si sta orientando verso il mercato statunitense, mentre in Italia si concentra su progetti legati alla difesa.
Il piano europeo per il riarmo è stato interpretato dal governo come un’opportunità per ridisegnare le priorità industriali. Durante la riunione tenutasi venerdì scorso riguardo all’industria automobilistica, il ministro dell’Impresa e dell’Industria, Adolfo Urso, ha esortato le aziende del settore a “diversificare e riconvertire le proprie attività verso la difesa“. Questa strategia, ormai evidente, si è preparata nel tempo, a partire dal taglio dei fondi destinati all’industria automobilistica nella manovra economica, con risorse spostate verso la difesa. Le dichiarazioni del ministro dell’Economia, Giorgetti, e quelle di Urso hanno ulteriormente confermato questa direzione. L’idea di “salvare” l’industria automobilistica attraverso una transizione verso il settore militare sembra essere una scelta sempre più concreta.
La situazione a Torino
Un viaggio a Torino, in occasione del convegno annuale di Alleanza Clima Lavoro, offre l’opportunità di esplorare la situazione attuale. L’aeroporto di Caselle, in particolare, è un simbolo di questo cambiamento. I lavori in corso, guidati da Leonardo, mostrano un’espansione significativa. Un delegato dell’azienda ha spiegato che si stanno raddoppiando gli spazi e ampliando la produzione, approfittando delle aree precedentemente utilizzate da Stellantis per i collaudi aerei. Leonardo ha già spostato i suoi investimenti dal settore civile a quello militare, come dimostra il disimpegno da Industria Italiana Autobus, l’unico produttore pubblico di mezzi di trasporto urbano. Anche altre aziende stanno adattando le loro strategie, come confermato dai delegati delle fabbriche automotive torinesi, che segnalano una transizione verso il settore difensivo. Un giovane delegato ha espresso preoccupazione per questa direzione, sottolineando il conflitto tra le sue convinzioni personali e le scelte aziendali.
Le prospettive del settore bellico
Il ministro Urso ha descritto il comparto della difesa come “in forte espansione” e ad alta redditività. Tuttavia, sorgono interrogativi sulla reale possibilità di riconvertire l’industria automobilistica verso il settore militare. Samuele Lodi, responsabile Auto della Fiom, ha sollevato dubbi sull’etica di tale transizione e sull’impatto sui posti di lavoro. In contrasto, la Fim-Cisl ha evidenziato le opportunità che questa evoluzione potrebbe portare.
Nel frattempo, i dati sulla produzione industriale continuano a mostrare un calo significativo: a gennaio, si è registrato un decremento dello 0,6% rispetto a dicembre e del 3,6% su base annua, escludendo le variazioni di calendario. L’Istat ha messo in evidenza che, sebbene i dati destagionalizzati mostrino un segno positivo, la sostanza della situazione rimane preoccupante. Le esportazioni italiane verso gli Stati Uniti nel 2024 hanno rappresentato il 10% del totale, evidenziando la vulnerabilità del sistema italiano, caratterizzato da salari bassi e un mercato interno stagnante. L’eventuale freno alle esportazioni potrebbe rivelarsi devastante, e la trasformazione di un’auto in un carro armato non sarà sufficiente a colmare il divario o migliorare le condizioni lavorative nel settore.