
Le preoccupazioni che affliggono molti cittadini italiani nel 2025 sono di grande rilevanza: dall’assenza di pace alla crisi dei migranti, passando per la cura della casa comune. Un tema di particolare importanza è l’economia, che suscita ansie sia a livello globale che nel contesto nazionale.
Un’economia che non tutela l’uomo e l’ambiente
A livello internazionale, le parole di Papa Francesco risuonano forti: l’economia attuale è distruttiva, in quanto non garantisce una vita dignitosa a tutti e contribuisce alla produzione di armi. La crescente disuguaglianza e la povertà devono diventare priorità per i politici di ogni parte del mondo. Tuttavia, questa consapevolezza sembra mancare. Una delle cause principali di tali problematiche è la predominanza dell’economia sulla politica, con scelte che non riescono a costruire un sistema economico realmente al servizio dell’uomo e del suo benessere.
Le questioni su cui i decisori politici dovrebbero concentrarsi includono la creazione di posti di lavoro dignitosi e un’economia che non solo rispetti l’ambiente, ma che lo valorizzi e ne favorisca lo sviluppo. È fondamentale affrontare il debito internazionale che grava sui paesi in via di sviluppo e il debito ecologico accumulato dai paesi industrializzati a danno delle risorse naturali e della salute ambientale dei paesi del Sud del mondo. Un progresso reale per le nazioni più povere potrebbe avere un impatto significativo sulla crisi migratoria che stiamo vivendo.
Rimettere al centro la Costituzione e le famiglie in Italia
In Italia, le prospettive economiche sono molteplici, ma l’auspicio principale è quello di tornare a essere protagonisti in un contesto globale sempre più caratterizzato dalla competizione tra Stati Uniti e Cina e dalla marginalità europea. Un aspetto cruciale è la necessità di rivedere la tassazione, riportandola agli ideali della Costituzione, rendendola progressiva e superando le proposte di flat tax.
Inoltre, la questione demografica richiede attenzione: è essenziale garantire a tutti la possibilità di avere il numero di figli desiderato e creare un ambiente lavorativo senza disuguaglianze di genere, poiché condizioni lavorative favorevoli per le donne possono favorire la maternità. È fondamentale anche accogliere un numero adeguato di lavoratori stranieri, incentivando l’arrivo delle loro famiglie o la formazione di nuove famiglie sul territorio italiano.
La crisi dell’industria italiana
Un altro aspetto critico è la politica industriale, che comprende le scelte relative alla produzione e mira a migliorare la struttura produttiva e le relazioni tra le imprese. La crescita economica, sebbene ancora insufficiente rispetto ai livelli pre-crisi del 2007-2008, è attribuibile al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), al superbonus del 110%, al settore terziario e al turismo. Tuttavia, l’industria non è più il motore della nostra economia, nonostante l’Italia rimanga la seconda potenza industriale in Europa, dopo la Germania. Solo il settore alimentare e quello chimico mostrano segni di crescita, mentre il Paese continua a subire la marginalizzazione rispetto alla nuova era tecnologica e alla concorrenza internazionale.
Necessità di una classe manageriale adeguata e di un sistema finanziario coraggioso
Per affrontare queste sfide, è urgente prendere decisioni a lungo termine, ma attualmente mancano sia nei partiti politici che nelle associazioni di categoria e nei sindacati. La struttura produttiva italiana è caratterizzata da un numero eccessivo di piccole imprese, e sarebbe opportuno favorire fusioni e alleanze. Tuttavia, non si intravede una classe manageriale adeguata o un sistema finanziario sufficientemente audace per superare il gap dimensionale presente nel Paese.
Inoltre, l’assenza di grandi aziende rende necessaria l’attrazione di investimenti esteri, non tramite incentivi, ma sfruttando i vantaggi competitivi che l’Italia offre in vari settori rispetto a Germania e Francia, considerando anche il costo del lavoro relativamente inferiore. Esistono molte imprese di medie dimensioni con elevati livelli di produttività e flessibilità, come quelle della motor valley e della produzione di occhiali. Tuttavia, anche queste eccellenze stanno commettendo l’errore di non investire adeguatamente. È compito dello Stato sostenere la crescita della produttività e della ricerca, specialmente nei settori in cui le aziende italiane sono leader.
La sfida dell’intelligenza artificiale
Un tema di grande attualità è rappresentato dalle nuove tecnologie e dall’Intelligenza Artificiale. L’Italia deve saper utilizzare queste tecnologie per migliorare la crescita qualitativa delle sue imprese e della pubblica amministrazione. Ciò non implica abbandonare la ricerca di base, ma piuttosto diffondere e facilitare l’uso degli strumenti già disponibili. È fondamentale che scuole, università e amministrazioni locali collaborino con le imprese per integrare i nuovi saperi nella crescita della produttività.
Sebbene un salario basso possa favorire la competitività, è preoccupante notare che l’aumento degli occupati non ha comportato un adeguato incremento salariale. La questione del salario minimo è ancora aperta e, indipendentemente dalle posizioni personali, è evidente che gli stipendi devono aumentare.
Affrontare la crisi ambientale
Infine, la crisi ambientale rimane una sfida cruciale. È necessario affrontarla senza compromettere la competitività delle nostre aziende. Le discussioni sulle auto elettriche e altre tecnologie devono essere orientate verso un obiettivo comune. Sebbene lo sviluppo di nuove tecnologie sia fondamentale, non basta. La politica italiana, europea e mondiale deve tornare a giocare un ruolo attivo, poiché nessun Paese può decidere autonomamente le proprie politiche di decarbonizzazione. Affrontare la sfida ambientale può generare opportunità, ma è essenziale che il settore pubblico, attraverso iniziative come il PNRR, sostenga il processo di transizione.