
L’Europa si trova di fronte a un momento cruciale della sua storia, con la necessità di ridefinire la propria posizione geopolitica. Mario Draghi, ex presidente della Banca Centrale Europea, ha proposto una nuova strategia per il Vecchio Continente, sottolineando l’importanza di ripristinare la competitività e l’autonomia strategica. La dipendenza dagli Stati Uniti, che ha caratterizzato gli ultimi settant’anni, non è più sostenibile in un contesto internazionale in rapida evoluzione.
Il contesto geopolitico attuale
Per oltre sette decenni, l’Europa ha beneficiato della protezione americana, godendo di un ordine internazionale stabile e di un commercio relativamente aperto. Tuttavia, l’invasione dell’Ucraina ha messo in evidenza le vulnerabilità dell’Europa, rivelando non solo la mancanza di una difesa autonoma ma anche l’assenza di una base industriale e tecnologica sufficiente a garantire un’indipendenza reale. La NATO, pur rimanendo un elemento chiave della difesa occidentale, è segnata da divisioni interne e dall’incertezza che proviene da Washington. Gli Stati Uniti, nel frattempo, stanno spostando il proprio focus strategico verso il Pacifico, trascurando le necessità europee e riducendo l’influenza del continente negli equilibri globali.
Un segnale emblematico di questa situazione è stata la decisione degli Stati Uniti di escludere l’UE dai negoziati riguardanti il conflitto in Ucraina, optando per un dialogo diretto con Mosca. Questa mossa ha messo in discussione il ruolo dell’Europa e ha reso evidente la necessità di una riflessione profonda sulle fragilità strutturali del continente. Per evitare di perdere ulteriore peso economico e geopolitico, l’Europa deve lavorare per rafforzare la propria competitività, sovranità industriale e autonomia strategica.
Investimenti per la competitività
Per raggiungere un’autonomia strategica, l’Europa deve rilanciare la propria competitività economica. Questo richiede investimenti annuali significativi, stimati in circa 800 miliardi di euro, il doppio rispetto al Piano Marshall, da destinare a settori cruciali come innovazione, decarbonizzazione e difesa. Senza una base economica solida, qualsiasi aspirazione di indipendenza politica e militare rimane fragile. Un rapporto sulla competitività presentato da Mario Draghi nel settembre 2024 ha rivelato che oltre il 50% del PIL comunitario è legato agli scambi globali, a fronte del 37% della Cina e del 27% degli Stati Uniti. Questo dato è particolarmente preoccupante in settori strategici come energia e semiconduttori, in cui l’Europa continua a dipendere da fornitori esterni.
La crescente dipendenza da tecnologie esterne rende urgente l’adozione di innovazioni avanzate made in Europe per migliorare la produttività e affrontare la stagnazione demografica. Con una crescita economica che non potrà più contare sull’aumento della popolazione, sarà fondamentale un salto tecnologico per rendere l’industria europea più efficiente. Secondo Draghi, l’Intelligenza Artificiale rappresenta un’opportunità unica per correggere i fallimenti industriali, ma deve essere accompagnata da una transizione energetica. Bruxelles ha fissato l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030, investendo in tecnologie pulite. Nonostante l’UE abbia azzerato la dipendenza energetica dalla Russia, continua a pagare il gas naturale liquefatto a prezzi elevati e resta vulnerabile all’approvvigionamento di materie prime strategiche, un aspetto che incide direttamente sulla stabilità economica e militare del continente.
La sfida della difesa europea
La difesa rappresenta il tallone d’Achille dell’Unione Europea. Nel 2023, l’industria della difesa ha registrato un fatturato di 158,8 miliardi di euro, mostrando una crescita significativa. Tuttavia, la spesa per la sicurezza in Europa è solo un terzo di quella degli Stati Uniti, che ammonta a 916 miliardi di dollari. La frammentazione dell’industria della difesa europea ostacola l’efficienza della spesa militare, con ogni Stato che sviluppa sistemi d’arma differenti, complicando la standardizzazione e aumentando i costi. Tra il 2019 e il 2023, il 55% delle armi importate dall’Europa proveniva dagli Stati Uniti, evidenziando una dipendenza che va oltre il piano economico.
Nonostante ciò, l’Unione Europea ha il potenziale per invertire questa tendenza. Con 1,3 milioni di militari attivi e una delle principali industrie di armi al mondo, l’Europa può costruire una politica estera comune attraverso un maggiore coordinamento tra gli Stati membri. Draghi suggerisce di integrare le economie nazionali e le industrie della difesa, creando un vero mercato unico della difesa. Questo approccio potrebbe rafforzare l’autonomia strategica del continente e garantire una sicurezza più efficace e sostenibile nel lungo periodo.
Il bivio dell’Europa
Rafforzare l’industria della difesa e migliorare il coordinamento strategico sono solo alcune delle sfide che l’Europa deve affrontare. Il continente si trova a un bivio decisivo, come evidenziato dal vertice di Parigi del 17 febbraio 2025, dove sono emerse le divisioni tra le cancellerie europee. Ursula von der Leyen ha sottolineato l’urgenza di adattarsi al nuovo scenario internazionale, mentre alcuni Stati membri, come Ungheria e Slovacchia, sono stati esclusi dalle decisioni per la loro vicinanza a Mosca.
Da un lato, il presidente francese Macron cerca di formare una coalizione per affrontare la minaccia russa, sostenuto dal premier britannico Starmer. Dall’altro, molti paesi europei mostrano riluttanza a distaccarsi da Washington. La Germania potrebbe essere la chiave per un cambiamento significativo, con la vittoria del CDU di Merz alle recenti elezioni, che ha già manifestato l’intenzione di collaborare con Parigi e Londra.
Nei prossimi anni, l’Europa dovrà decidere se continuare a dipendere dagli Stati Uniti, rischiando di diventare sempre più irrilevante, o investire nella propria autonomia, integrando economia e difesa. La crescente competizione tra le superpotenze richiede scelte strategiche chiare, senza spazio per ambiguità. L’Europa ha l’opportunità di prendere in mano il proprio destino, a patto che i suoi leader smettano di delegare la sicurezza a terzi.