
Il panorama politico ed economico europeo è in costante evoluzione, e recenti sviluppi in Germania hanno catturato l’attenzione degli osservatori. Il 17 marzo 2025, il Gruppo Volkswagen, attualmente in difficoltà, ha annunciato la sua disponibilità a partecipare alla crescente corsa europea al riarmo, ristrutturando la propria produzione. Adolfo Urso, il ministro competente, sembra intenzionato a seguire questa direzione, optando per una riconversione delle attività industriali verso il settore della difesa, dell’aerospazio e della cybersicurezza, piuttosto che affrontare direttamente le problematiche legate alla crisi dell’automotive in Italia.
La crisi dell’industria automobilistica
La decisione del Gruppo Volkswagen di adattare le proprie linee produttive per il settore militare solleva interrogativi sul futuro dell’industria automobilistica. Il ministro Urso, invece di richiedere impegni concreti da parte di John Elkann, che si presenterà in audizione alla Camera il 19 marzo, sembra preferire una strategia di evasione, puntando a risolvere il declino del settore automobilistico italiano attraverso la riconversione. Tuttavia, questa scelta non affronta il problema della fuga di Stellantis e il ritardo dell’Italia nella transizione verso veicoli elettrici.
L’industria bellica, oltre a produrre armamenti, funge da strumento di distrazione per i governi, che possono così evitare di fornire un piano industriale e occupazionale adeguato per la transizione ecologica. La situazione a Mirafiori, dove non si dovrebbero produrre armi, è emblematicamente rappresentativa di un approccio che deve essere rivisto.
L’audizione di Mario Draghi
Un’altra audizione di grande rilevanza si terrà il 18 marzo, quando Mario Draghi, ex presidente del Consiglio e della Banca Centrale Europea, si presenterà al Senato per discutere il suo rapporto sulla competitività europea, presentato a Bruxelles lo scorso autunno. La situazione geopolitica attuale, caratterizzata da un atteggiamento subalterno da parte dei vertici europei nei confronti di Trump e delle sue politiche, ha portato a una riconsiderazione delle alleanze e delle strategie economiche.
Draghi dovrà rispondere a domande cruciali riguardanti il divario di innovazione in Europa e la necessità di un processo di decarbonizzazione rapida. La questione centrale è se l’Unione Europea possa davvero affrontare le sue sfide economiche senza un rafforzamento delle istituzioni politiche e una realizzazione decisa del Green Deal, che sembra essere stato accantonato.
Le sfide della decarbonizzazione
Il ritardo di alcuni Paesi, tra cui l’Italia, nel perseguire politiche di decarbonizzazione è allarmante. Con un governo che sembra prioritizzare la corsa al gas e alleanze con Stati non democratici, si mette a rischio non solo la competitività europea, ma anche la sostenibilità ambientale. La parola chiave resta “decarbonizzare“, essenziale per ridurre i costi energetici e per affrontare le sfide climatiche.
L’agenda al 2030 prevede un significativo investimento nelle energie rinnovabili, con l’obiettivo di raggiungere il 50% di energia solare ed eolica. Tuttavia, il ricorso a fonti come il nucleare e il gas rimane troppo elevato, e la questione dei profitti extra dei produttori di energia deve essere affrontata. È fondamentale riflettere se sia sostenibile mantenere la spesa militare separata dal calcolo del deficit, mentre si cerca di armonizzare un welfare universale.
La visione di Draghi per l’Unione Europea come un’unica entità statale sembra essere l’unica strada percorribile. Affidarsi esclusivamente al mercato, specialmente in un contesto di economia di guerra, non garantisce un futuro prospero. La cooperazione globale e l’adozione di obiettivi comuni sono essenziali per affrontare le sfide che ci attendono.