Economia circolare: l’Italia guida il settore, ma occorre supporto per le PMI

L’economia circolare rappresenta un pilastro fondamentale per l’Italia, che nel 2025 si conferma leader in Europa per il tasso di circolarità. Tuttavia, la domanda che sorge è se l’adozione di modelli produttivi circolari stia realmente potenziando la competitività delle aziende italiane. Un recente rapporto della Direzione strategie settoriali e impatto di Cassa depositi e prestiti (CDP) analizza la situazione attuale, evidenziando le opportunità economiche e finanziarie legate all’economia circolare e i passi necessari per consolidare il primato italiano. La risposta è chiara: è necessario un incremento degli investimenti.

Italia, un esempio di economia circolare

Nel febbraio 2025, Cassa depositi e prestiti ha pubblicato il documento Economia circolare: una leva per la competitività delle imprese, coordinato da Andrea Montanino e Simona Camerano, con il contributo di Claudio Bonomi Savignon, Alessandra Locarno, Maria Gerarda Mocella e Margherita Viti. Il rapporto conferma che l’Italia è tra i paesi europei più avanzati nella transizione verso un modello di economia circolare.

Nel 2024, quasi il 50% delle aziende italiane ha adottato almeno una pratica circolare, con una maggiore diffusione tra le grandi imprese e nel Nord Italia. Il riciclo emerge come la strategia più comune, mentre le soluzioni per prolungare la vita utile di prodotti e componenti risultano meno diffuse. In termini economici, le pratiche circolari hanno generato un risparmio nei costi di produzione per le aziende manifatturiere, superando i 16 miliardi di euro, un risultato significativo ma pari solo al 15% del potenziale stimato per il 2030.

Le aziende circolari mostrano anche una maggiore solidità economica. Esse presentano una migliore capacità di copertura del debito, una generazione di cassa più robusta per investimenti e un livello di indebitamento contenuto. Negli ultimi tre anni, queste imprese hanno avuto una minore probabilità di default, anche di fronte a fluttuazioni nei prezzi delle materie prime. Inoltre, il loro potenziale innovativo è elevato, trainato dall’adozione di nuove tecnologie e modelli di business. L’Italia si distingue anche per il numero di brevetti registrati, posizionandosi al secondo posto in Europa dopo la Germania, con una crescita costante dal 2016 e un picco nel 2020, quando sono stati registrati oltre 60 brevetti circolari, di cui più della metà sviluppati da piccole e medie imprese.

Necessità di investimenti e rete collaborativa

Nonostante l’Italia mantenga un buon livello di circolarità, il progresso sta rallentando, in parte a causa di investimenti inferiori rispetto ad altri grandi paesi europei. Solo la Spagna presenta investimenti ancor più contenuti nei settori legati all’economia circolare, come riciclo, riparazione e noleggio.

Il rapporto sottolinea che questo risultato è influenzato dal contesto economico difficile degli ultimi anni, ma riflette anche la prevalenza di piccole e microimprese con capacità di investimento limitate. Per accelerare la transizione, è cruciale valorizzare il ruolo delle PMI, migliorando il loro accesso a investimenti in tecnologie e macchinari.

Un altro aspetto fondamentale è la finanza sostenibile, che può colmare i gap di investimento. Gli istituti nazionali di promozione, come CDP, hanno un ruolo centrale in questo processo. Attualmente, l’adozione di strumenti di finanza sostenibile, come green loan e green bond, è ancora limitata, soprattutto tra le PMI, dove solo il 26% utilizza tali strumenti.

Le piccole e medie imprese, a causa dei costi elevati e della mancanza di competenze interne, faticano a misurare e comunicare le proprie performance ambientali, sociali e di governance (ESG), essenziali per accedere alla finanza sostenibile. Infine, il coinvolgimento delle imprese in ecosistemi collaborativi è cruciale per favorire lo scambio di pratiche e conoscenze, accelerando così l’innovazione e la diffusione di modelli circolari.

Published by
Ludovica Loringa