
Secondo la fiscalista Sara Armella, esperta di diritto doganale, le tariffe di ritorsione dell’Unione Europea nei confronti delle tariffe statunitensi su acciaio e alluminio, introdotte durante il primo mandato di Donald Trump e sospese con l’amministrazione Biden, dovrebbero essere ripristinate il 1° aprile 2025. L’avvocato Paolo Menarin ha sottolineato come la crisi geopolitica renda difficile trovare nuovi mercati da sostituire agli Stati Uniti nel breve periodo, pur riconoscendo la resilienza del tessuto produttivo delle piccole e medie imprese italiane. Nel frattempo, l’euro continua a mantenere una posizione forte, supportato dai flussi di capitale verso i titoli europei, come evidenziato da Michele Sansone della piattaforma valutaria iBanFirst Italia.
Recentemente, gli Stati Uniti hanno annunciato l’introduzione di tariffe doganali del 25% su una serie di prodotti europei, una misura che potrebbe alterare gli equilibri commerciali transatlantici. Dopo aver applicato misure simili a Canada, Messico e Cina, ora l’Unione Europea si trova coinvolta in una nuova fase delle politiche protezionistiche statunitensi. L’Italia, dove l’export verso gli USA rappresenta il 22,2% delle vendite extra-UE, potrebbe subire un impatto significativo. Nel 2024, il valore delle esportazioni italiane verso gli Stati Uniti ha raggiunto i 65 miliardi di euro, secondo dati del centro studi Confindustria, evidenziando una forte dipendenza dal mercato americano rispetto alla media europea.
Le conseguenze sul mercato
L’avvocato Sara Armella ha dichiarato che l’impatto sul nostro export sarà notevole se le misure annunciate verranno attuate. Gli studi internazionali prevedono una riduzione delle esportazioni del 16% per le aziende italiane ed europee, con un impatto dell’ordine di un punto percentuale sul PIL delle economie più legate alle esportazioni, come Germania e Italia. Gli Stati Uniti rappresentano il principale mercato per l’export italiano al di fuori dell’Unione Europea, assorbendo oltre il 10,4% delle esportazioni italiane. Nel periodo compreso tra gennaio e ottobre 2024, il valore delle esportazioni italiane verso gli USA ha raggiunto i 53,45 miliardi di euro, mentre le importazioni si sono attestate a 21,43 miliardi di euro. I settori più vulnerabili alle nuove tariffe americane includono le bevande, l’automotive e la farmaceutica, che insieme rappresentano oltre un terzo dell’export italiano.
L’Unione Europea ha annunciato di voler rispondere “fermamente” a qualsiasi tariffa imposta dal presidente statunitense, ma attende ulteriori dettagli sulle nuove misure. Le tariffe di ritorsione dell’UE, in risposta a quelle statunitensi su acciaio e alluminio, dovrebbero riprendere il 1° aprile 2025. Tra i prodotti coinvolti ci sono motociclette Harley Davidson, jeans Levi’s, succo d’arancia e whisky bourbon.
Le sfide per l’industria
Paolo Menarin, partner dello studio legale Casa & Associati, ha evidenziato che la strategia americana mira a proteggere la produzione manifatturiera interna, che ha subito una forte delocalizzazione a causa della globalizzazione. L’obiettivo sembra essere il reshoring, ovvero riportare negli Stati Uniti la produzione manifatturiera precedentemente delocalizzata. La crisi geopolitica attuale complica ulteriormente la ricerca di nuovi mercati da sostituire a quello statunitense, almeno nel breve termine. Menarin ha sottolineato la straordinaria capacità del tessuto produttivo delle PMI italiane di adattarsi agli imprevisti, così come la qualità dei prodotti che potrebbe attenuare l’impatto su alcune realtà produttive. Tuttavia, il settore manifatturiero, già colpito dalle sanzioni alla Russia, si trova di fronte a nuove sfide. È compito delle istituzioni nazionali ed europee creare condizioni politiche favorevoli per una risposta efficace, evitando di aggiungere ulteriore tensione ai mercati.
Strategie per affrontare la situazione
I mercati valutari potrebbero subire effetti dalle nuove tariffe imposte dagli Stati Uniti. Michele Sansone, country manager di iBanFirst Italia, ha evidenziato che, nonostante l’introduzione di dazi del 25% sui prodotti europei, l’euro mantiene una posizione forte, supportato dai flussi di capitale verso i titoli europei. La crescita dei rendimenti nel mercato obbligazionario europeo, storicamente correlata a una valuta forte, contribuisce al rafforzamento dell’euro. Per l’Italia, l’impatto di queste misure potrebbe essere particolarmente rilevante, poiché gli Stati Uniti sono uno dei principali mercati per l’export italiano, specialmente nei settori del lusso, automotive e agroalimentare. Le aziende leader del Made in Italy potrebbero subire una diminuzione della competitività a causa dell’aumento dei costi.
Nicola Olivieri, CEO di Olivieri 1882, una storica pasticceria di Arzignano (Vicenza), ha espresso un atteggiamento pragmatico, sottolineando che l’azienda è un brand internazionale presente in diversi mercati. Olivieri ha dichiarato che il fatturato americano rappresenta il 30% delle vendite e che l’azienda è fiduciosa di poter trovare soluzioni per continuare a servire i consumatori statunitensi.
Implicazioni per l’export
Daniele Arduini, CEO di Kampaay, ha sottolineato che lo scenario dei dazi richiede attenzione. Potrebbero influenzare l’export italiano e europeo, con possibili ripercussioni sulle vendite negli Stati Uniti. Sarà fondamentale valutare eventuali aggiustamenti nelle strategie di investimento e accompagnare i clienti nell’ottimizzazione delle attività di networking internazionale per massimizzare le opportunità di business. Giovanni Farese, CEO di Webidoo Spa, ha commentato che il Made in Italy è sinonimo di eccellenza riconosciuta a livello globale. Le imprese italiane possono affrontare le sfide dei dazi americani attraverso strategie distributive più evolute, integrando i canali tradizionali e raggiungendo nuovi segmenti di mercato. Il digital export rappresenta una chiave per espandersi in mercati ad alto potenziale, come Asia e Medio Oriente, dove cresce la domanda di prodotti di alta qualità .