
Il contesto internazionale attuale ha profondamente modificato le priorità politiche in Europa, in particolare in Germania. La crescente attenzione verso la difesa, la crisi dell’industria automobilistica, un governo tedesco in fase di cambiamento e un nuovo presidente degli Stati Uniti che non sembra dare priorità alle questioni climatiche, hanno portato a un ripensamento dell’agenda politica. Questi fattori hanno spinto Berlino a rivedere l’importanza degli obiettivi climatici, che ora non occupano più il primo posto.
La coalizione di governo guidata da Olaf Scholz, con i Verdi come seconda forza, aveva sostenuto fortemente la transizione verso un’economia sostenibile. Tuttavia, l’eventuale arrivo di un governo guidato da Friedrich Merz potrebbe segnare un cambio di rotta significativo, relegando il Green Deal a una posizione secondaria nell’agenda politica.
Le sfide geopolitiche e l’industria tedesca
Il futuro cancelliere, Friedrich Merz, sembra concentrarsi maggiormente sulle sfide derivanti da un contesto geopolitico in evoluzione. Con l’amministrazione di Donald Trump che ha adottato una posizione favorevole alle energie fossili e ha ridotto l’attenzione verso l’Europa, la Germania si trova a dover affrontare investimenti massicci nella difesa e una crescente concorrenza da parte della Cina. A ciò si aggiunge la crisi economica interna, in cui il settore automobilistico gioca un ruolo cruciale. Merz ha affermato di considerare seriamente gli obiettivi climatici, ma sostiene che debbano essere perseguiti tramite l’innovazione tecnologica piuttosto che attraverso ideologie, senza compromettere la produzione industriale e il benessere del paese.
La chiusura di numerose piccole e medie imprese, insieme ai licenziamenti e alla delocalizzazione, è vista da Merz come un segnale di una grave deindustrializzazione in corso in Germania. Pertanto, il rilancio dell’economia diventa una delle priorità fondamentali del suo programma. Tra gli obiettivi del Green Deal c’era l’impegno per una transizione al 42,5% di energie rinnovabili entro il 2030, con l’auspicio di arrivare al 45%. Questo implica un’accelerazione nell’utilizzo di fonti rinnovabili come l’eolico, il solare e l’idrogeno, per raggiungere la neutralità energetica entro il 2050.
Le nuove direzioni del Green Deal
Per realizzare questi ambiziosi obiettivi, sono necessari investimenti significativi, specialmente considerando che il governo precedente aveva deciso di chiudere tutte le centrali nucleari, escludendo definitivamente il nucleare dal mix energetico. Tuttavia, il nuovo governo potrebbe riconsiderare questa posizione. Merz ha criticato la chiusura delle tre centrali rimaste durante una crisi energetica e si è dichiarato favorevole all’adozione di tecnologie nucleari all’avanguardia.
Il settore automobilistico, attualmente in difficoltà, sta affrontando un periodo di transizione verso l’elettrico, ma questo processo è ostacolato da diversi fattori, tra cui i costi elevati di produzione, la mancanza di infrastrutture di ricarica adeguate e una domanda dei consumatori ancora bassa. La situazione è preoccupante, soprattutto considerando i licenziamenti previsti: 48.000 nel 2024, con la possibilità che il numero raggiunga i 100.000 quest’anno. I sindacati stanno chiedendo una maggiore flessibilità nella transizione verso l’elettrico, invocando la necessità di rivedere il divieto del motore a scoppio dal 2035.
In questo scenario, il Green Deal è stato oggetto di revisione a Bruxelles, con un’attenzione particolare agli interessi dell’industria. Molti ambientalisti temono che possa essere accantonato. La nuova bozza del piano ha sostituito il termine “green” con “clean”, dando vita al “Clean Industrial Deal“, un’iniziativa che mira a bilanciare le esigenze climatiche con quelle industriali. Questo nuovo approccio prevede meno regole, minore burocrazia e una riduzione dei costi energetici, cercando di armonizzare la decarbonizzazione con la reindustrializzazione per rilanciare la competitività in Europa.